giovedì 31 agosto 2017

TRENT’ANNI DI STORIA RINNEGATI DALL’IGNORANZA


Trent’anni di storia rinnegati con un semplice colpo di spugna. Con un articolo scritto – o fatto scrivere – tanto per far sapere che si esiste.  Cogito, ergo sum. Senza alcuna cognizione sia tecnica, senza sapere o ignorare o, peggio ancora, non considerare la realtà. Dopo la terza riga, la regola giornalistica impone di far sapere di cosa si parla. Ecco: si parla della Limabetone, la competizione di velocità in salita tricolore, in programma per l’ultimo fine settimana di agosto. La sua classica collocazione temporale.

Il duro attacco, la stilettata mediatica che il Sindaco di Abetone/Cutigliano ha mosso contro la gara e contro il motorsport in generale per mezzo di un articolo apparso sul quotidiano “La Nazione” venerdì 18 agosto, ha dell’incredibile. Perché denota come questo politico, originario peraltro della montagna pistoiese, non abbia afferrato il concetto di cosa è l’evento. Cos aé in se stesso  ecosa è soprattutto per la montagna pistoiese. Perché denota un’apertura mentale non certo idonea a chi ricopre un ruolo di amministratore come il suo. E’ preoccupante. E’ preoccupante perché ha in mano la gestione di un Comune, da poco allargato, che mai come in questo periodo storico-sociale-economico ha necessità di guardare oltre, di guardare alla crescita di un territorio in ricorrente sofferenza economica, sociale, e di identità e non di essere gestito con i paraocchi o con un tono dittatoriale. Ha in mano la gestione del quotidiano di molte persone. Quelli che lo hanno eletto ed anche chi non lo voleva.

Dice, il sindaco, che la gara non può permettersi di chiudere una strada così importante come quella che porta ad Abetone, che non può coesistere con altra manifestazione (la “sagra di mezz’estate”) perché crea problemi di viabilità, che è troppo invasiva sulla vita dei cittadini. Per due giorni all’anno. Due giorni su trecentosessantacinque.

A prescindere, intanto, che la gara non è un “rally”, come scritto nel titolo e nel testo (ma qui, si deve tirare le orecchie anche a chi lo ha scritto, la quale a mio avviso prima di mettere in pagina qualcosa deve accertarsi che le cose siano esatte e poi anche avrebbe dovuto interpellare pure l’organizzazione per sentire la sua posizione, ovviamente dopo la pubblicazione . . . ), non è che i disagi negli anni si siano così amplificati ed evidenziati come lui invece pensa (ma c’è mai stato, a vedere la gara?), anche perché intanto vi è la strada di arroccamento che da Casotti di Cutigliano (luogo di partenza della gara) porta ad Abetone (passando da Piano degli Ontani) e comunque non è che la strada luogo di gara sia chiusa interamente per due giornate, dalla mattina alla sera.

E’ vero, interessa un paio di centri abitati (Pianosinatico in primis), è vero che il ventaglio temporale non è certo di mezz’ora, ma è anche vero che la competizione, per motivi di ordine pubblico, di emergenza sanitaria, può e deve essere interrotta in qualsiasi momento. Se si rilevano problemi di sicurezza per il pubblico o per qualsiasi altro motivo, prima si sistema la cosa e poi si parte o si riparte; se un abitante del luogo mettiamo abbia un infarto (tocchiamo ferro) o la gestante sente e che le si “rompono le acque” e l’erede scalpita per venire alla luce oppure se la Signora del piano di sopra ruzzola un pianerottolo di scale (ri-tocchiamo ferro), in primis sarà il servizio sanitario di servizio alla gara a portare soccorso, poi si provvede al trasporto nelle strutture adeguate. Paradossalmente, in quei due giorni “maledetti” la Montagna Pistoiese è più sicura che durante tutto l’anno.

Con questo non è che la Abeti Racing, l’organizzatore, sia il salvatore della Patria o una community di buoni samaritani, semplicemente sono un bel gruppo di appassionati di un sport che dal 1983 ha portato i motori sulla montagna pistoiese, una zona che da quel tempo e da ancor prima, non ha mai avuto nulla di “proprio”, parlando di eventi sportivi di richiamo (no, non facciamo l’errore di parlare di Giro d’Italia ed affini, quelle sono manifestazioni itineranti, non proprie dei luoghi ove passano, previo un notevole esborso economico da parte delle Amministrazioni).

E guardando anche oltre allo sport, non è che abbondi di iniziative, anzi. Sono oltre trenta anni che due gare si sono imposte all’attenzione nazionale ed anche oltre i confini, che sono arrivate ad occupare posizioni di vertice in Italia e soprattutto la “incriminata” LimAbetone è ancora oggi l’unica manifestazione titolata tricolore in provincia di Pistoia, ritenuta tra le più avvincenti e sicure in Europa. In Europa. Che ha un titolo di CAMPIONATO ITALIANO. Forse questo il sindaco non lo sa. Ignora. E’ ignorante.

Sia il rally a giugno che la LimAbetone (come già accennato sempre stata nel periodo di fine agosto tranne alcuni rari casi, dettati da esigenze di calendario nazionale), nel tempo hanno contribuito a far conoscere la Montagna Pistoiese a migliaia di persone che forse mai si sarebbero sognati di arrivarci. Anzi, qualcuno mi dica che marketing  (vero, tangibile e non millantato), è mai stato fatto, per promozione dell’area. Ma soprattutto, dico (con argomentazioni concrete), che entrambe le gare hanno consentito all’indotto turistico di lavorare. Si, di lavorare. Con il “turismo emozionale”, quello legato agli eventi stessi, che portano sempre tanta gente, che soggiorna, che mangia, che beve. Che spende sul territorio. In più, l’organizzazione, nel suo piccolo e per quel poco che può fare, a chi lavora per l’allestimento delle due gare, riconosce un compenso di rimborso spese. Poco o tanto che sia è comunque un creare ricchezza. Non è certo la panacea della ricorrente crisi che attanaglia la Montagna Pistoiese, ma di certo è uno spiraglio di luce anzi, due (perché le gare sono due). Ogni anno.

Poi, il sindaco tira in ballo che il motorsport è diseducativo. Nulla di più populista e di stupido. Un atteggiamento demagogico che forse vuole assecondare le aspettative di alcune le persone, indipendentemente da ogni altra valutazione fatta con lucidità e non d’impulso (il ragionare di pancia, un sindaco, non può permetterselo).

Non perché io nel motorsport vi ho corso e da oltre venti anni (tranquillo Signor sindaco, facevo il copilota, non guidavo, quindi non ero un esempio criminale, magari ero un “colluso” . . . ) ne ho fatta poi una professione (da giornalista, ed eccolo qui, il “criminale”, uno che scrive . . . ), ma lo inviterei ad avere, se gli riesce, ad avere una visione più “allargata” del tema. Più coerente, equilibrata. E, ripeto, considerarla meno “di pancia” e più con trasmissione sinaptica.

L’equazione che esterna il sindaco è la più semplice e la più facile da sdoganare: i piloti vanno forte, scatenano sentimenti di emulazione, portando le persone a farsi del male. Sono gesta diseducative. Non è così, si tratta di un credo popolare vecchio e decrepito e chi lo pensa è altrettanto. Intanto, la Federazione, che è l’ACI, da anni insieme alla Federazione internazionale (la FIA) ha attuato un piano di sicurezza stradale proprio con il contributo dello sport ed i suoi attori. Mediante chi corre si cerca di far capire, anche con iniziative mirate con le scuole, che il correre in macchina è uno sport, non per la strada, e con questo si cerca di fare cultura automobilistica, quella che realmente manca a tutti gli automobilisti del quotidiano. Il pilota automobilistico (come quello motociclistico), dal dilettante “della domenica” che corre alla LimAbetone ed anche al rally degli Abeti, al professionista della F1, è anzitutto uno sportivo. 

Un atleta a tutto tondo, che per arrivare ad avere risultati (dalla gimkana sotto casa al rally  . . .  “degli Abeti”, al GP di Monza) deve avere un bagaglio di conoscenze anche tecniche (motori, gomme, meccanica) che non si compra al supermercato, oltre ad una costante preparazione fisica. Deve poi sottostare alle regole tecniche (per le vetture) e sportive, non è un cane sciolto che preme solo sul pedale destro per andare poi a raccontarlo al bar sport, ma è uno che sa cosa fa, calcola le sue azioni di guida, cerca di perfezionarsi (anche se fa una gara all’anno), è cosciente che non è uno sport per tutti, che non è una pratica facile anzi, è pericolosa. Come lo sono tante altre pratiche sportive, anche non necessariamente con macchine o moto. Ma lo fa in piena consapevolezza, dettato, mosso da una passione infinita, come molti altri hanno per altri sport. Forse, il sindaco ha ancora in testa lo stereotipo di “donne e motori” . . . un pensiero oramai logoro da anni. Pur se le belle donne, per fortuna, ci sono ancora.

Anzi, l’esempio deve essere visto al contrario: vuoi correre? Bene, fallo in sicurezza, vai a correre in macchina, in pista, nei rallies, non sulle strade di tutti i giorni, nelle quali puoi essere un pericolo per te stesso e per gli altri. E’ quello, il messaggio che passa oggi con il motorsport del terzo millennio, chi lo rinnega non ha visione allargata ed allungata di quello che è la realtà. Di quello che è l’argomento.

E’ un poco come dire che allora nessuno debba fare più ciclismo o atletica, visti i continui scandali di doping che li attanagliano (che, tra l’altro, nel motorsport praticamente non esistono . . . ), che nessuno allora vada più a fare pugilato, judo, karate, scherma, al tiro a segno, a fare tiro con l’arco, tutte discipline che impongono addirittura l’uso di un’arma. Tutte discipline allora che ispirano alla violenza, all’odio, all’uso della forza. Non si dovrà allora neppure far più giocare i ragazzi al calcio, perché rischiano di voler emulare campioni strapagati e stra-osannati e vezzeggiati, piena antitesi dello stato socio-economico della maggior parte di tutti noi che tiriamo la cinghia per arrivare a fine mese. Discorsi populisti, buttati là un tanto al metro, senza un filo logico razionale.

Ed anche in televisione, allora, non si dovrà più guardare per esempio . . .  “Cobra11”, i solerti poliziotti delle autostrade tedesche che in ogni puntata fanno fuori almeno cinque macchine (BMW e Mercedes, non delle Panda . . . ) con manovre spericolate per acciuffare i manigoldi, creando incidenti a catena . . .

No, tornando agli sport. Gli sport – tutti - non vanno intesi così. Vanno intesi – ribadisco, tutti - come maestri di vita, come elementi di crescita ad ogni età ed ogni ceto sociale. Sta poi alle persone non scendere a certe bassezze morali, come spesso accade anche – mi si consenta -  in politica o comunque nel quotidiano di ognuno di noi. Ma questo è un altro argomento.

Non è forse peggio, allora, andare al bar, pomeriggio o sera, per un giovane - ma anche per uno più attempato -  e riempirsi di alcoolici, fumare, per poi andare a far danni per sé e per gli altri, rischiando sovente la morte? Che spirito di emulazione hanno questi?
Il sindaco parla anche di un sicuro “sovraccarico” di persone nei giorni “incriminati”. Ma quale sovraccarico, siti web specializzati in incoming turistico parlano di presenze stimate tra il 69% ed il 77%, con camere che erano anche . . . svendute. 

Anche in questo caso argomentazioni pretestuose e fuori logica. Avrebbe fatto prima a dire “odio i motori”. Avrebbe fatto più bella figura. Ma un amministratore non può permettersi di dirlo per nessun argomento, specie se poi l’argomento è un evento che è innegabile (da tempo) porti benefici di immagine ed economici alla Montagna Pistoiese, in questo caso soprattutto al territorio per il quale gli elettori lo hanno scelto come sindaco.

E, diciamocela tutta, l’altro evento che “si è sovrapposto” alla LimAbetone, la “sagra di mezz’estate”, quanto pubblico attira ed ha attirato quest’anno? Io ci sono stato diverse volte  quando ero ragazzetto e vi sono tornato negli anni addietro (adesso sono un lucchese, non più un montanino), non è che ci abbia visto quel gran pienone che va dicendo, pensando e sognando il sindaco. Forse sono sempre capitato nel giorno sbagliato, ma esserci stato cinque anni di seguito, mi danno da pensare. Per carità, non voglio dire che tale evento debba essere cancellato, sarebbe un grave, gravissimo errore al pari del non volere più la LimAbetone, perché sono iniziative che tengono viva la Montagna. Semplicemente possono coesistere e, perché no, anche diventare complementari l’una all’altra, perché guardano al bene del territorio. Come? Non lo so, non sta a me dirlo e proporlo, ma ci si potrebbe pensare. Prima di buttar là elucubrazioni come carichi da undici. C’è da ricordarsi che i carichi da undici, in un mazzo di carte sono solo quattro, non si devono sprecare a vanvera . . . Vabbé ci sono anche due jolly, ma finiscono anche quelli.

Inoltre, non è che la LimAbetone viene messa lì, a fine agosto dagli organizzatori, dietro ci sono motivazioni ben più strutturate. Quelle dettate dai calendari sportivi nazionali, decisi alla fine dell’anno prima, tenendo conto delle varie realtà (gare) che vanno a comporre i varii campionati. Sia questa gara che le altre, quindi devono sottostare a delle esigenze di calendario, che in Italia è molto fitto, per cui, anche per decidere la collocazione temporale di un evento si devono vagliare diversi fattori. Insomma, la LimAbetone non è che può decidere in quale data andare a collocarsi, meno che mai lo possono decidere le bizze di un sindaco. Diciamo che anche in questo caso servirebbe parlare, incontrarsi (tra comune e organizzatori), per considerare l’argomento a tutto tondo, affinché tutto e tutti possano coesistere al meglio. Sempre per il bene del territorio.

Magari, dal cilindro del dissenso si tirerà allora fuori l’inquinamento, altro argomento che spesso è il cavallo di battaglia dei detrattori delle corse in macchina, dai verdi, agli animalisti, ai bastian contrario di professione. Sino agli ignoranti. Sbagliato. Le vetture da competizione sono sempre in massima efficienza energetica, i motori sono sempre al meglio della preparazione, sono meno inquinanti di quelli “di serie”. Se non lo sa, perché ignora, che vada ad informarsi. Il web è pieno di informazioni, è un libro aperto. E poi: se si pensa che cento macchine da corsa sulla strada dell’Abetone portino inquinamento, allora quella strada si dovrà chiuderla SEMPRE ai turisti e viandanti, estate ed inverno. Oppure contingentare gli accessi. La natura credo trovi più disagio a sopportare rumori e respirare fumi per 363 giorni che non nei soli due della LimAbetone.

Brutto anche il fatto che il sindaco abbia affermato di NON avere voluto essere presente, di proposito, alla premiazione della gara nel primo pomeriggio di domenica. Una totale mancanza di rispetto per le persone, per il lavoro che svolgono. Una mancanza di rispetto per lo sport ed i suoi attori. Anche una mancanza di rispetto per l’organo monocratico che ricopre. Lo squallore più profondo. Credo.

Si può pensare che i “barbari” delle corse sporchino e deturpino i luoghi: sbagliato. In questo caso l’organizzazione già dopo il termine della corsa ed anche i giorni dopo si adopera per ripulite strada e luoghi attigui da residui di olii, tracce di incidenti e roba lasciata dagli spettatori. Se poi vi è qualche luogo che risulterà danneggiato dalla gara, ne risponde l’apposita assicurazione. Ma questo, il sindaco lo ignora. E’ ignorante.
In più, nel recente passato, visto che nessuno provvedeva a sistemare alcuni tratti della strada, proprio la Abeti Racing, di tasca propria, ha provveduto a ripristinare il manto stradale in diversi punti di quello che è il percorso di gara. Certo, lo ha fatto per preservare la gara, che magari avrebbe potuto vedersi privata della validità tricolore (la concorrenza è tanta), ma è evidente comunque il beneficio per tutti, l’avere una strada migliore. Oltre al lustro di dare alla Montagna una competizione di alto livello nazionale. Ma questo, il sindaco lo ignora. E’ ignorante.

Poi c’è la storia. C’è la memoria. Che non si possono e non si devono cancellare. La storia sportiva che ha portato la Montagna Pistoiese ad essere conosciuta nel mondo. E’ quella che passa da Mauro Nesti sino ad arrivare a Fabio Danti, quest’ultimo tra l’altro nativo proprio dei luoghi della gara “incriminata”. Le loro gesta sportive, inimitabili ed indelebili, hanno contribuito a dare valore allo sport dell’auto e nei racconti delle loro innumerevoli vittorie hanno sempre inserito ed evidenziato le loro origini montanine, “montanare”. E ne sono andati sempre fieri.

Quelle stesse origini, quella stessa dignità che il sindaco di Abetone/Cutigliano pare non tener di conto e di non riconoscere alla gara e per la gara. Perché la ignora. La vuole ignorare. E' ignorante. Peccato.


Alessandro BUGELLI

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